“Casellati? Può fare un buon lavoro”. Matteo Salvini benedice il mandato esplorativo che oggi il presidente del Senato si avvia a ricevere dal Quirinale. Il centrodestra torna unito? Macchè. Il leader della Lega non lo dice. Ma considera quello della seconda carica dello Stato un tentativo velleitario. Utile, tuttavia, a guadagnare del tempo. Una settimana. A Salvini bastano sette giorni. Poi ci sarà il “super ponte” del 25 aprile e se ne riparlerà ai primi di maggio. Nel frattempo il “capitano” spera di vincere sia in Molise che in Friuli. Considera le Regionali un trampolino. La forza dei numeri gli permetterà di piegare gli interlocutori alla sua volontà. Ossia, un governo centrodestra-cinquestelle a guida leghista. Tanto che ieri, in Transatlantico, tornava a girare il nome di Giancarlo Giorgetti.
In Veneto saltano gli accordi
Non è facile. Perché Salvini si trova a dialogare con delle teste molto dure. Una è quella di Berlusconi. Il Cav avanza per la sua strada. Si sente ancora molto offeso dal trattamento ricevuto dai pentastellati (ieri un dirigente reggiano gli ha augurato di schiattare) e non vuole avere nulla a che fare con loro. Le sue preoccupazioni semmai riguardano i sondaggi che danno la Lega in vantaggio su Forza Italia anche in Molise. L’ex premier domani tornerà di nuovo sul posto. Per due giorni. E ha invitato tutti i dirigenti azzurri a fare altrettanto. Nome in codice dell’operazione: “Occupy Campobasso”. La competizione interna vale più del risultato assoluto. E l’uomo di Arcore vuole evitare gli azzurri vengano egemonizzati dall’alleato. In Veneto stanno succedendo fatti allarmanti. A Vicenza, in particolare, dove la Lega ha deciso di mollare il candidato azzurro (Fabio Mantovani) per sostenere Francesco Rucco, civico vicino a Fratelli d’Italia. Uno sgarbo che può avere effetti a catena. Renato Brunetta ha già fatto sapere che seguirà rappresaglia a Treviso, dove i forzisti non convergeranno più sull’aspirante sindaco leghista. A cascata, poi, ci sono San Donà di Piave e Andria, Comuni dove ognuno andrà per fatti suoi. E chissà quanti altri ancora. Potrebbe scoppiare un’epidemia, capace di contagiare anche le giunte in carica.
“Mamma dice non arrabbiarti”
Salvini non vuole questo. Tira il freno e usa parole concilianti: “Anche se Berlusconi fa battute contro la Lega e in Forza Italia hanno nostalgia degli accordi con il Pd, io sono leale. Non cambio idea e non cambio squadra. Mamma mi ha detto: “Non arrabbiarti”. E io così ho fatto. Al Quirinale vedevo Berlusconi che si agitava, mimava, gesticolava… se a lui piace così a me va bene”, giura Salvini. D’altronde pure dal fronte grillino non arrivano gioie. I Cinquestelle non escludono l’ipotesi di collaborazione con il Pd e Matteo inizia a spazientirsi pure con loro: “C’è chi chiude il forno, c’è chi cura l’orto. Ora vado a vedere se ha riaperto…”, ha ironizzato ieri arrivando al Senato. “Se fosse per la Lega”, assicura il leader del Carroccio, “il governo sarebbe già partito da un mese. Se i Cinquestelle e Forza Italia, se Di Maio e Berlusconi continuano a dirsi dei “no” non è colpa della Lega, sono problemi loro. Ho il dubbio che i grillini non vogliano governare, né in Molise né a Roma, e trovino scuse per non prendersi responsabilità. Allora l’unica alternativa è il voto”. Sullo scioglimento anticipato, però, decide il Capo dello Stato e Sergio Mattarella ha già detto che non se ne parla. Il Quirinale spera che il mandato esplorativo ossigeni le meningi dei partiti, dando ai loro leader tempo per riflettere e trovare una soluzione.