“Silvio, fatti più in là”. Il pressing è sempre più insistente. E non è più soltanto la Lega a tirare per la giacca Berlusconi. L’idea di mettersi di lato per favorire la nascita di un governo giallo-verde, evitando così un drammatico ritorno alle urne, prende piede anche in Forza Italia. La maggioranza dei deputati e dei senatori azzurri è d’accordo su questa linea. I consiglieri storici, a partire da Gianni Letta e Fedele Confalonieri, i figli, i manager delle aziende di famiglia. Tutti invitano il Cavaliere a trovare un accomodamento. Lui? Ascolta i consigli, ringrazia e si riserva di prendere una decisione. “Nel caso in cui dovessi accettare”, apre uno spiraglio all’ipotesi dell’astensione (non dell’appoggio esterno, che smentisce), “lo farei solo per senso di responsabilità”. E’ chiaro, però, che il suo passo indietro non sarebbe una resa, “ma un atto d’amore verso l’Italia”.
“MATTEO MI HA DELUSO”
Berlusconi è giù di corda. Matteo Salvini lo ha deluso: “In tutti questi anni non sono riuscito a stabilire una relazione umana con lui”. Ogni trattativa ricomincia “come se fossimo perfetti sconosciuti”, si è sfogato il Cav con i suoi. E sono bisticci e incomprensioni. Silvio rimpiange i tempi di Bossi, un uomo ruvido, diretto ma buono. Invece di Salvini “non ci si può mai fidare fino in fondo. Vuole fare il governo con Di Maio? Prego, si accomodi, non gli diremo di no. Vediamo di cosa sono capaci…”. Il presidente di Forza Italia paga pegno per la sua longevità politica. In 24 anni ha visto alternarsi due, se non tre generazioni di interlocutori. Con gli ultimi arrivati non è riuscito a stabilire una buona sintonia. L’anagrafe, però, non spiega tutto. Per esempio il Cav è rimasto molto sorpreso dal comportamento di Sergio Mattarella, suo (quasi) coetaneo. Dopo sessanta giorni di stallo, Silvio si aspettava un surplus di pazienza. Il Colle poteva lasciare che il centrodestra facesse un tentativo in Parlamento. Silvio aveva in mano una lista di 20 deputati pentastellati pronti a “dare una mano”. Ma, per non sputtanare i “neo-responsabili” non l’ha potuta condividere con il Quirinale. Però era certo che altri si sarebbero aggiunti lungo la strada. Invece niente. Mattarella, annunciando di voler incaricare un governo “neutro”, ha contribuito (forse involontariamente) a mettere Berlusconi con le spalle al muro. Il nome dell’aspirante premier scelto dal Colle doveva essere annunciato ieri. Ma al Capo dello Stato è arrivata all’orecchio l’indiscrezione del passo indietro berlusconiano. E, pur scettico, ha lasciato al leader di Forza Italia qualche ora per elaborare la sua decisione.
VERSO L’ASTENSIONE DI FI
Che poi, cosa significa “astensione”? Lo scenario che circolava ieri in Transatlantico prevedeva un governo a guida leghista – in pole ancora Giancarlo Giorgetti – con i ministri dei Cinquestelle e del Carroccio. I due partiti hanno i numeri per essere autosufficienti in entrambi i rami del Parlamento. Per cui l’apporto azzurro resterebbe marginale. Ovvero, senza una partecipazione diretta all’esecutivo, se non con una manciata di sottosegretari di area. I forzisti, invece, potrebbero ambire a occupare le presidenze delle Commissioni parlamentari. E a partecipare, garantiti da Salvini, anche alla grande abbuffata di nomine in arrivo da giugno in poi. Infine c’è la parola d’onore del “capitano” anche sugli interessi berlusconiani: nessuno si permetterà di toccargli la “robba”.