Nel suo fortino di Arcore Silvio Berlusconi aspetta che si compiano gli eventi. Matteo Salvini ha provato a contattarlo telefonicamente. Lui ha fatto dire che non c’era: “Il Dottore è fuori”, ha risposto la segretaria, “appena rientra lo avvisiamo. Clic”. E, ovviamente, non ha più richiamato: “Parli con i suoi nuovi amici”, ha fatto lo snob l’ex premier, “io non ho tempo”. Berlusconi è apparso nel pomeriggio alla mostra mercato dell’antiquariato del Museo permanente di Milano. “Speriamo che quei due non combinino nulla”, ha detto a un negoziante riferendosi alla coppia populista, “altrimenti finiamo per ritrovarci la patrimoniale”. Poi ha smentito. Ai cronisti che gli chiedevano se si sentisse tradito da Salvini, Silvio ha risposto di “no”. Però…
Però a chi ha avuto il privilegio negato a Matteo, quello di parlarci al telefono, Silvio ha ricordato il patto anti-inciucio che fu firmato alla vigilia delle elezioni. “Sospettavano di me, insinuavano che io avessi un accordo già in tasca con Renzi. Invece chi è che si sta mettendo sotto i piedi il voto dei nostri elettori, eh?”. In effetti, in campagna elettorale, secondo Salvini e Meloni, il fedifrago sarebbe stato proprio lui, Berlusconi: lo stesso sistema elettorale, il Rosatellum, aveva proprio la filosofia di agevolare un patto trasversale tra partiti europeisti che arginasse l’avanzata populista. Poi le cose sono andate diversamente. Alla rovescia. Il crollo del Partito democratico da un lato, la performance deludente di Forza Italia (che ha perso la sfida interna del centrodestra) dall’altro, ha portato al ribaltamento del tavolo. Ora sono i grillini e lumbard che si accordano. Mettendo in disparte Berlusconi. Che grida alla lesa maestà.
NON SEGUIRE SALVINI
Ieri Silvio è andato in pressing su Giorgia Meloni, perché non seguisse l’esempio salviniano. Stando insieme all’opposizione, è stato il ragionamento fatto dal Cavaliere, sarebbe ancora più manifesto il ribaltone leghista. La leader di Fratelli d’Italia non ha dato certezze all’alleato azzurro. E infatti dopo poco ha incontrato Luigi Di Maio alla Camera. A precise condizioni (due ministeri, ma forse anche uno solo), Fdi prende in considerazione l’idea di entrare nella coalizione giallo-verde. Che a questo punto assumerebbe anche un terzo colore. Più che alla varietà cromatica, Di Maio e Salvini sono interessati alla componente meloniana del Senato. Che darebbe più solidità a una maggioranza che altrimenti, a Palazzo Madama, nascerebbe ballerina, con soli sei voti di vantaggio.
La risposta degli ex An arriverà lunedì. Nel frattempo continuano a rincorrersi indiscrezioni e suggestioni sul nome del premier e sui contenuti del contratto di programma. Berlusconi ha fatto sapere che se il presidente del Consiglio sarà espressione della Lega, allora Forza Italia si asterrà. Nel caso prevalesse un nome indicato da Di Maio, allora sarà voto contrario. Silvio ha letto con interesse il nome di Giampiero Massolo (“E’ stato un mio collaboratore”), ma ci crede poco. Così come non crede che la maggioranza giallo-verde possa accanirsi contro di lui approvando una legge sul conflitto di interessi: “Aspettiamo di capire di cosa si parla”, frena Anna Maria Bernini, “se riguarderà solo Berlusconi, sarà una legge ad personam”.