Al termine di una giornata di incontri Giuseppe Conte sale al Quirinale per conferire con Sergio Mattarella. Ufficialmente il premier incaricato è al Colle per riferire sull’esito delle consultazioni. In realtà il professore ha con sé la lista dei ministri, compresi un paio di nomi che al Capo dello Stato non stanno affatto bene. C’è ancora il caso di Paolo Savona aperto. Perché Matteo Salvini insiste per averlo ministro dell’Economia. Fino al punto di sfidare il Colle sulle sue prerogative costituzionali. Il leader della Lega, in questa forzatura, ha il sostegno di Luigi Di Maio. E la cosa ha infastidito non poco il presidente della Repubblica. Anche perché, puntando i piedi, i due dioscuri populisti non mettono tra parentesi solo i poteri quirinalizi, ma anche il ruolo del capo del governo. E’ lui infatti che, secondo la Carta, deve proporre i componenti della sua squadra al Colle. Non i leader dei partiti di maggioranza.
Il caso Savona sta facendo da tappo alla nascita dell’esecutivo. Nel corso del vertice alla Camera il segretario federale del Carroccio è stato irremovibile. “Abbiamo preso degli impegni precisi in campagna elettorale con i nostri elettori, non andremo in Europa con il cappello in mano”, dice. Salvini ha rifiutato di prendere in considerazione qualsiasi piano b. Anche quelle ipotesi che prevedevano la promozione di un suo uomo, Giancarlo Giorgetti, al dicastero di via XX Settembre. Il “capitano” ha scaricato la patata bollente nelle mani di Conte: la lista è questa, vai e fattela approvare. Sulla possibile nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia, dichiara Salvini uscendo dal vertice a tre tenutosi alla Camera, “sarà il presidente incaricato a fare le sue valutazioni”.
I tempi si allungano. I più ottimisti speravano che già oggi si potesse andare a giurare al Quirinale. Ma a metà pomeriggio Salvini twitta una foto dalla fusoliere di un aereo. Sta lasciando la capitale. Il braccio di ferro complica le cose. In serata Conte prende il suo solito taxi (scortato dalle auto di servizio) e ritorna al Quirinale. Mattarella, il nome dell’economista euroscettico, non vuole proprio prenderlo in considerazione. Così invita l’aspirante capo del governo a fare pressioni su Salvini per fargli cambiare idea. Il giurista si congeda dopo un’ora di colloquio. Che può serenamente essere sintetizzato come un buco nell’acqua. Allora l’elegante gentleman di Volturara Appula prova a contattare Salvini per cercare di ammorbidirlo. Ma il tentativo si infrange contro la linea gotica. Matteo non ne vuole proprio sentir parlare. E il professore rimane con il cerino in mano. Dallo staff pentastellato trapela cautela. Non c’è ancora un timing per la chiusura della crisi e non si sa quando l’ordinario di diritto privato scioglierà la riserva.
Al momento sulla squadra di governo ci sono poche certezze. Tra queste il ruolo di Matteo Salvini, che sarà ministro dell’Interno. E quello di Luigi Di Maio, che avrà lo Sviluppo Economico. Ma non è ancora detto che al Mise sarà accorpato anche il Lavoro. Il Carroccio è disponibile a dare il via libera al superministero, ma vuole piazzare accanto a Di Maio un vice con deleghe pesanti. Tipo per esempio le Comunicazioni. Sempre in tema di accorpamenti, la Lega propone quello di Turismo e Politiche Agricole e candida il suo Gian Marco Centinaio.
MATTARELLA VUOLE PIU’ DONNE
Un’altra questione aperta è la scarsa componente femminile. La prevalenza maschile nelle candidature ministeriali è stata giudicata eccessiva dal Quirinale, che ha richiamato i partiti a un maggiore equilibrio. Così, dalla finestra, rientra l’ipotesi di Laura Castelli per le Infrastrutture. Anche se la capogruppo grillina è stata oggetto di una polemica interna per delle critiche rivolte in passato al capo politico del M5s. L’alternativa è il commissario della Pedemontana Marco Corsini (quota Zaia). Crescono anche le possibilità che Elisabetta Trenta possa essere il ministro della Difesa. Sempre per una questione di riequilibrio tra sessi. Agli Esteri resta l’incognita Giampiero Massolo. Se non dovesse essere lui, l’alternativa è l’ambasciatore in Qatar Pasquale Salzano. Un punto fermo è Enzo Moavero Milanese alle Politiche Comunitarie, anche se ha fatto parte del governo Monti. Alla Giustizia Giggino insiste per avere Alfonso Bonafede. Ma ritorna in ballo Giulia Bongiorno, sempre per questioni di quote rosa. A Palazzo Chigi, a fare da “balìa” al premier siederanno due fedelissimi: Giancarlo Giorgetti e Vito Crimi saranno entrambi sottosegretari alla Presidenza, il grillino avrà anche la delega ai Servizi. E’ costretto a cedere il passo, invece, Vincenzo Spadafora, tirato in ballo dal Fatto per i suoi presunti rapporti con la cricca degli appalti. “Non farò parte del governo”, ha annunciato ieri l’ombra di Di Maio. Ci saranno invece Riccardo Fraccaro (Rapporti con il Parlamento) e Danilo Toninelli (Riforme).