Brutto segno quando i corazzieri sbattono i tacchi e se ne vanno. Significa, nel linguaggio del cerimoniale quirinalizio, che Sergio Mattarella ha lasciato lo studio. Il problema è che nell’ufficio non c’era solo lui, ma anche Carlo Cottarelli. Il premier incaricato è salito al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri. Invece qualcosa va storto. Il signor “Spending review” non ha portato a termine il lavoro nei tempi prestabiliti dal Colle. Inizia a girare una voce. E cioè che il premier incaricato stia per mollare il colpo, restituendo il mandato come ha fatto il professor Giuseppe Conte. Voci. Rapidamente smentite dalla Presidenza della Repubblica. Cottarelli ha soltanto chiesto un tempo aggiuntivo per completare la squadra. Non sta per gettare la spugna.
Che accade? Succede che l’esecutivo “neutro” nasce con un problema numerico. In Parlamento, dopo Forza Italia, si è sfilato anche il Partito democratico. Per cui, esclusi ovviamente Lega e Cinquestelle, a Palazzo Madama il governo Cottarelli avrebbe il sostegno di una decina di senatori del Misto e delle Autonomie. Situazione più o meno analoga a Montecitorio. Si arriva al nocciolo della questione: fare il ministri è comunque una cosa che fa curriculum (il prof Conte docet), poi se te lo chiede il Capo dello Stato, non si può dire di no. Ma a cosa si va incontro? Ieri al Senato c’è stato un piccolo assaggio del clima che aspetterebbe il governo tecnico. Si parlava di tutt’altro (il decreto Alitalia), eppure grillini, leghisti e Fratelli d’Italia hanno preso la parola per criticare Mattarella. Figurarsi la caciara nel giorno della fiducia dell’esecutivo sponsorizzato dal Colle.
“Sono ottimista”, giura Cottarelli, “Stiamo considerando alcune cose sulla lista dei ministri”, ha assicurato l’economista. Mattarella si è raccomandato tempi rapidi, perché l’impennata dello spread è come il sale sulla coda, ma non troppo. L’altra esigenza del Colle è di chiudere la finestra elettorale di luglio. E, conseguentemente, quella di agosto, a prescindere da come si concluda la caccia cottarelliana. Ieri, in Banca d’Italia per la relazione annuale del governatore, c’erano diversi obiettivi possibili. A partire da Salvatore Rossi, direttore generale di Palazzo Koch, indicato come possibile ministro dell’Economia.
I NOMI
Gli altri nomi che girano sono quelli che Mattarella aveva già sondato prima del tentativo gialloverde: l’ambasciatrice Elisabetta Belloni (Esteri), il prefetto ed ex commissario del Comune di Roma Paolo Tronca (Interni), Enrico Giovannini (Lavoro), Enzo Moavero (Politiche Comunitarie), Raffaele Cantone (Giustizia), Sergio Costa (Ambiente). Altri nomi in ballo sono quelli dell’economista Lucrezia Reichlin, della rettrice della Luiss, Paola Severino, dell’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.