Il consiglio dei ministri approva il piano di salvataggio della Popolare di Bari. Lo fa attraverso un decreto legge con cui si prevede l’attribuzione di fondi a Invitalia, che a sua volta li girerà a Mediocredito Centrale, sua controllata, attraverso un aumento di capitale. Infine sarà Mediocredito Centrale a entrare nell’azionariato di Popolare di Bari. Parallelamente, accanto all’intervento pubblico, sarà attivato lo strumento “privato”, il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd).
Questo è lo schema elaborato dal governo Conte. Il premier ha dovuto tenere conto delle perplessità del Movimento 5 Stelle (“Nessun salvagente per i banchieri”) e di Italia Viva, che fino alla tarda serata di ieri ha continuato ad attaccare Palazzo Chigi. “Abbiamo delle responsabilità pubbliche nei confronti dei risparmiatori, del territorio e del Mezzogiorno”, ha spiegato il presidente del Consiglio, assicurando che la misura d’urgenza non è a tutela dei colletti bianchi, ma dei correntisti: “Non dimentichiamo che in gioco non ci sono non solo i risparmiatori, ma c’è anche un tessuto produttivo che al Sud soffre, quindi è chiaro che un polmone creditizio finanziario è importante”.
Il salvataggio della Popolare di Bari, nelle intenzioni del premier, è l’occasione per creare un polo creditizio tra alcune banche popolari, la cosiddetta “Banca del Sud”, una nuova entità capace di aiutare il rilancio dell’economia meridionale. Questo passaggio, però, è stato duramente criticato dai renziani prima ancora che il cdm cominciasse: “Nuove frontiere della tecnica legislativa: nel titolo del decreto sulla Popolare di Bari si citano misure per la realizzazione di una banca d’investimento, manco fossimo a Wall Street, quando nel testo non si nomina neanche una volta una banca di investimento”, sottolineano fonti di Italia Viva, “L’impressione è che l’ossessione degli slogan stia debordando pure nei titoli dei decreti. Non c’è nulla di male a dire le cose come stanno: si sta ricapitalizzando la Banca popolare di Bari. Punto”.
In effetti, nel decreto, la Popolare di Bari non viene mai citata. Ma è chiaro che, se i ministri sono stati scomodati di domenica, è proprio del salvataggio della banca pugliese che si sta parlando. L’intervento urgente porterà capitale fresco nelle casse dissestate dell’istituto. 900 milioni di euro, anche se la cifra necessaria al salvataggio sarà quantificata solo dopo le verifiche dei commissari nominati da Bankitalia e dopo l’intervento del Fondo interbancario, che si riunirà nei prossimi giorni.
Per il momento si parla di un intervento del Fitd da 500 milioni di euro. Più o meno lo stesso apporto arriverà da Invitalia attraverso Mediocredito, che acquisirà le azioni della Popolare di Bari. Un’operazione molto simile a quella servita per evitare il fallimento di Carige, che non dovrebbe attirare i rilievi della Commissione Europea.
In questo piano si innesta il progetto della cosiddetta Banca del Sud, sbandierato da Conte e criticato da Matteo Renzi. Si punta, di fatto, alla partecipazione di altre banche popolari del Sud per creare un unico polo creditizio meridionale che abbia come obiettivo quello di sostenere la crescita del Mezzogiorno. “Siamo passati dalla merchant bank, dove non si parla inglese’ (cit.) dei tempi di D’Alema, alla investment bank…”, ironizza su Twitter Luigi Marattin, vicecapogruppo di Italia Viva alla Camera.
Da Bari parla Matteo Salvini: “Voglio vedere in galera quelli che hanno rubato i risparmi dei lavoratori pugliesi” dice il leader della Lega. E Forza Italia, con il senatore Dario Damiani, annuncia un’interrogazione parlamentare per “accertare le responsabilità reali” del dissesto, che “non possono essere scaricate sui dipendenti della Pop Bari”.