Divieto di esportazione dei beni di prima necessità, imposizione di dazi, stoccaggi cautelativi per evitare carenze di disponibilità e per mettere i prezzi al riparo dalle speculazioni. Sono queste le ipotesi portate ieri sul tavolo del consiglio dei ministri. Il tema sono le difficoltà nelle importazioni legate alla guerra in Ucraina, soprattutto di grano e mais, e la necessità di sostenere la filiera agroalimentare italiana. Che è messa in ginocchio dall’aumento dei costi di produzione, ma che potrebbe sopperire al fabbisogno nazionale se si allentassero i vincoli comunitari.
Mancano materie prime (e aumentano i costi)
Con altri aumenti dei costi di materie prime e semilavorati, oltre all’impennata dell’energia, si rischia di “compromettere definitivamente la sopravvivenza delle imprese”, provocando una crisi “anche in termini occupazionali”. Lo ha spiegato durante il cdm il ministro Giancarlo Giorgetti, proponendo un fondo ad hoc per i settori più colpiti. Il titolare dello Sviluppo economico, nel corso dell’informativa in consiglio dei ministri, ha chiesto di verificare la possibilità di attivare misure di protezione delle filiere nazionali con il divieto di export di prodotti indispensabili all’attività di comparti di carattere strategico, sotto il profilo economico.
Dazi sulle esportazioni
Da accompagnare eventualmente all’applicazione di dazi all’esportazione, sempre con l’obiettivo di evitare la fuoriuscita di prodotti essenziali all’attività del sistema italiano. Il ministro ha spiegato anche che è in corso la ricerca di fornitori di materie prime alternativi a Russia e Ucraina in modo da compensare limitazioni o blocchi degli approvvigionamenti da questi due Paesi, aggiungendo che già si sono registrate alcune possibili alternative che sembrano offrire l’opportunità di rimediare, almeno parzialmente, alla contrazione di importazioni. In prospettiva il titolare del Mise ha annunciato anche che si lavora sull’ipotesi di rafforzare ed estendere il sistema di stoccaggio, attualmente previsto per le fonti energetiche, anche ad altri beni da considerare essenziali in modo da cautelarsi di fronte alla possibilità di carenze di adeguate disponibilità ovvero di forti aumenti di prezzi, anche riconducibili a ragioni di carattere speculativo.
Settore agroalimentare in ginocchio
Sull’impatto nell’agroalimentare del conflitto ucraino ha parlato Stefano Patuanelli: “E’ necessario attivare un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid per autorizzare aiuti di Stato in deroga, attivare un programma straordinario di ristrutturazione del debito delle imprese agricole in deroga alle norme sugli aiuti di Stato”. L’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici, ha sottolineato ancora il ministro delle Politiche agricole in cdm, “sta progressivamente erodendo la redditività dell’attività economica: il settore agroalimentare non riesce più a ridistribuire gli aumenti lungo la filiera produttiva”. Quanto alle regole europee, secondo Patuanelli, “va rimosso il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”.
Importiamo il 64% del grano per il pane
La Coldiretti si dice disponibile ad aumentare la produzione nazionale. “Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione”, ha dichiarato il presidente Ettore Patuanelli, “per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra”. Aumentare la produzione nazionale avrebbe l’effetto di mettere al sicuro il mercato italiano, attualmente fortemente condizionato dalle materie prime che arrivano da fuori. “Dall’estero”, ha spiegato ancora Prandini, “arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame, il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione. Ora è possibile recuperare alla coltivazione di cereali in Italia almeno un milione di ettari di terreno garantendo redditività alla coltivazione, ma anche contrastando seriamente l’invasione della fauna selvatica”.