C’è la guerra. I soldati devono fare i soldati, non stare di guardia ad ambasciate e altre sedi istituzionali. Così l’operazione “Strade sicure” finisce tra parentesi. Ridotta numericamente, fino forse a sparire. Non si sa.
Era cominciata nel 2008 con il governo Berlusconi. Quando si pensò di utilizzare i militari per presidiare i luoghi sensibili delle città e liberare gli agenti per avere più personale da destinare al controllo del territorio. Doveva essere una misura temporanea, in attesa di nuove assunzioni nelle forze dell’ordine. E invece è rimasta in piedi per quattordici anni. La Lega si arrabbia. Dice che non è un buon segnale. Anzi, dà la sensazione della smobilitazione proprio nel momento in cui si diffondono episodi di criminalità, come quelli delle baby gang.
Però la guerra in Ucraina ha radicalmente cambiato lo scenario internazionale. Per quasi trent’anni si è andati in una direzione, con l’abolizione della leva obbligatoria e la scelta – non solo italiana – di truppe numericamente inferiori ma professionalizzate. Il conflitto russo-ucraino ha scardinato le certezze. Si pensava che la guerra del futuro sarebbe stata combattuta con i droni e con i cyber-attacchi. E invece si è tornati indietro di cent’anni, con gli anfibi nel fango e le trincee.
Conseguenza: al ministero della Difesa servono soldati. Operativi e addestrati. La circolare trapelata il 9 marzo, quella dello Stato maggiore dell’Esercito, parlava chiaro: addestramento votato al warfighting, non al controllo dei semafori. I numeri, d’altronde, sono quelli che sono: di 90mila militari disponibili, solo circa 20mila sono operativi. Di essi 3.300 sono impegnati nelle missioni internazionali, 8.100 appartengono alle forze di prontezza, 7.800 sono destinati al territorio nazionale. Tra questi, 800 sono stati utilizzati nell’emergenza Covid e gli altri nell’operazione “Strade sicure”. Troppi. Diventeranno 5mila, annuncia il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. “Le forze armate fanno un altro lavoro”, sottolinea, ricordando che il controllo del territorio e l’ordine pubblico “è compito delle forze di polizia. Ed è un tema che riguarda le garanzie democratiche di un Paese”. Ma, puntualizza Guerini, “non voglio essere reticente nel dare un aiuto. Credo che le cose devono essere ricondotte nell’alveo più ordinario, più vero. Non dobbiamo trasformare ciò che nasce da una vicenda emergenziale in una questione ordinaria”.
La Lega insorge. “Tagliare donne e uomini dell’esercito che aiutano a prevenire i reati nelle nostre città? Follia. Tra baby gang, clandestini e criminalità il nostro Paese deve investire in sicurezza e aumentare i presidi sul territorio”, scrive su Twitter il leader del Carroccio, Matteo Salvini. Anche Nicola Molteni è critico: “Il potenziamento degli organici delle Forze di Polizia è per noi una priorità assoluta, ma finché non arriveremo a colmare il gap che ancora oggi vede la Polizia in una situazione di grave sottodimensionamento”, precisa il sottosegretario all’Interno, l’operazione “Strade sicure” sarà “fondamentale” per tutelare i territori e i cittadini.
Protestano anche gli amministratori locali. A Napoli e Milano. La rimodulazione non convince il sindaco partenopeo Gaetano Manfredi, che comprende la volontà di andare oltre l’emergenza del passato, ma allo stesso tempo fa una richiesta precisa al governo: “Occorrono più mezzi e più agenti”. Quindi serve “investire sul potenziamento delle forze dell’ordine per avere un numero sufficiente di personale in grado di rispondere alle esigenze di sicurezza urbana presenti nelle grandi città come Napoli, come dimostra anche l’emergenza baby gang”, conclude Manfredi.
Giuseppe Sala casca dal pero: “Non ne sapevo nulla, non ne eravamo stati informati quindi vorrei capire prima il senso di questa operazione”, dichiara il sindaco di Milano. “Sono semmai sorpreso del fatto che non ci sia stato dato avviso prima perché è una cosa delicata”. Contrario anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana: “La sicurezza percepita va alimentata e non diminuita”.