Parte sfottendo Amadeus: “Entrando qui all’Ariston vedo che è tutto nuovo, tutto luccicante. I cantanti, il presentatore… ah no, tu no!”. Allora Roberto Benigni si rivolge verso l’alto, al palco dove è seduto Sergio Mattarella: “Presidente, lei è al secondo mandato, ma Amadeus è al quarto, e si prepara per il quinto… ma è costituzionale?”. Il Capo dello Stato sta al gioco e fa di “no” con la testa. “Bisogna fermarlo”, insiste Benigni, “è un colpo di stato, vuole i pieni poteri, è la marcia su Sanremo, è una dittatura!”.
Piccolo brivido
L’intro funziona. Il pubblico apprezza, il conduttore si fa perculare con piacere. Piccolo brivido solo quando il premio Oscar mette nel mirino la balconata: “Ma siamo sicuri che quello è Mattarella? Si tolga gli occhiali, faccia vedere le mani, si metta di profilo. E’ il presidente misterioso…”. Poi ancora: “Amadeus, ma gliel’hai detto quanto dura il festival? Presidente”, di nuovo rivolto al palco d’onore, “verso le tre di notte se ne può andare…”. Mattarella (che in realtà lascerà il teatro alla fine del monologo) fa un sorrisino tirato. Poi per fortuna Benigni lo molla ed entra nel vivo del suo show. Che consiste in un elogio della Costituzione. “Che c’entra con Sanremo? E’ un’opera d’arte. Che canta la libertà dell’uomo. E’ come “Volare” di Modugno. E’ un sogno fabbricato da uomini svegli. Non l’hanno pensata, l’hanno sognata. Ci dice che un mondo migliore è possibile”. Roberto a questo punto omaggia Bernando Mattarella, padre costituente e genitore di Sergio: “Praticamente”, scherza, “la Costituzione è sua sorella, Presidente!”.
Quant’è bella la Costituzione
Poi Benigni cita due articoli. Il primo è l’11: “L’Italia ripudia la guerra. Se l’avessero adottato anche gli altri Stati, non ci sarebbero più conflitti”. Il secondo è l’articolo 21, “il mio preferito perché sembra scritto da un bambino”. Recita il testo: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”. E’ come dire, spiega l’attore, “potere respirare”. E’ “l’architrave di tutte le libertà”. Il 21 nasce come reazione al ventennio di dittatura. E qui arriva la parte politica dell’intervento: “Durante il fascismo non si poteva pensare liberamente. I padri costituenti ci hanno liberato dall’obbligo di avere paura”.
Tutto qui?
Tutto qui? Sì, tutto qui. Vero, in passato, Benigni ci aveva abituato ai fuochi d’artificio. Allora ecco una piccola carrellata delle performance sanremesi. Anno 1980. Presentano Claudio Cecchetto e Olimpia Carlisi. Gli highlights: Benigni che limona per un minuto la conduttrice sul palco. E il Papa, chiamato “Wojtylaccio”. Battuta che costa all’attore denunce, interrogazioni parlamentari, vilipendi vari e multe. Rischia il carcere, ma poi viene assolto. Anno 2002: il più memorabile degli interventi di Benigni al festival di Sanremo. Non solo perché porta in scena, in chiave politica, il Giudizio Universale. Ma anche e soprattutto perché dà una strizzata di pacco a Pippo Baudo, conduttore della kermesse canora.
La storia di Benigni al Festival
Anno 2009: mezz’ora di show tutto politico. Roberto sfotte Berlusconi e Veltroni. Lancia un messaggio inclusivo: i gay “non sono fuori dal piano di Dio”. Il conduttore è Paolo Bonolis. L’attore-regista fa il botto: supera i 15 milioni di spettatori e il 55% di share. Anno 2011: Benigni entra in scena su un cavallo bianco, sventolando un tricolore al grido di “Viva l’Italia!”. Il monologo è sull’Inno di Mameli. Presenta Gianni Morandi. Fortuna che i tempi non erano ancora maturi (o bui). Altrimenti sai che polemica dagli animalisti sullo “sfruttamento” dell’equino. Anno 2020: l’attore premio Oscar porta in scena il Cantico dei Cantici, recitando un “inno all’amore”. Il pubblico si aspetta un po’ di battute sui politici. Ma a Palazzo Chigi c’è Giuseppe Conte. Evidentemente non lo ispira.
Il gettone
E chiudiamo con la solita polemica sul gettone. Quanto ha preso Benigni per la sua esibizione al Festival? Lo chiede l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi: “Già in passato i maxi-compensi riconosciuti dalla Rai a Benigni sono finiti al centro di uno scandalo. In occasione della partecipazione di Benigni al Festival del 2020 si parlò di un cachet, mai confermato, da 300mila euro”.